Carissimi, quando si parla di amaretti il pensiero di tutti va a quelli della nostra tradizione, quelli che le mamme facevano in casa per le sole ricorrenze di rilievo come il matrimonio o le feste patronali, quando si invitavano tutti i parenti a pranzo, e si iniziava a cucinare una settimana prima.
Questo è il ricordo che io ho da bambina, quando mia madre iniziava a preparare per le feste…
Tutta la casa in agitazione, da papà che doveva raccogliere le verdure più belle e fresche nell’orto, “acchiappare” il pollo più grande, tagliare il prosciutto intero e verificare se fosse perfetto per l’occasione…
E noi figlie, ognuna con una mansione diversa: sbucciare i piselli, aiutare a spennare il pollo dopo l’immersione nell’acqua bollente, aiutare a fare i “meninfà” nel brodo, lavoro molto delicato e non per tutte le età.
Fino al giorno fatidico in cui ci incaricavamo di procurare sedie dalle vicine di casa per gli ospiti, o mettevamo gli affettati, le olive, il ricciolo di burro in bella mostra nel piatto degli antipasti.
Il pranzo così faticosamente preparato e che si componeva di svariate portate si concludeva festosamente con la “pizza dolce”, la torta pan di spagna bagnata con caffè alchermes e vermouth, e poi farcita con crema pasticcera e sopra guarnita con glassa di zucchero.
Ma alla fine di tutto con il caffè non mancavano mai gli amaretti morbidi, e chi non li sapeva fare si rivolgeva alla signora del paese esperta, nel nostro caso come spesso vi ho raccontato a nonna Anaide, madre di mio marito, che degli amaretti era la depositaria…
Proprio con la ricetta degli amaretti sono partiti e si sono fatti strada i Dolci Aveja, e la ricetta è ancora quella….
spero condividiate questo mio ricordo ma soprattutto condividiate il vostro con me, sarò lieta di leggerli.
Un caro abbraccio
Maria Teresa
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